I pilastri del nostro benessere

Intervista ad Alessandra Caporale, presidente nazionale AssoCounseling

Alessandra, quali sono i pilastri del nostro benessere come singoli e come comunità?

Molte discipline quali la filosofia, l’economia, la sociologia e la psicologia, da sempre si interrogano su questo tema, facendo emergere il limite di trovare una risposta esaustiva e onnicomprensiva.

Il benessere individuale è legato alla percezione soggettiva che ognuno di noi ha rispetto alla propria vita nelle sue diverse dimensioni: affettiva, lavorativa, sociale, della salute fisica e psicologica nonché della realizzazione di scopi che ci motivano e che ci sostengono nel vivere il presente e progettare il futuro.

Nella nostra quotidianità tutti questi fattori entrano in gioco definendo e ridefinendo la nostra personale percezione di benessere.

È evidente che l’ambiente in cui viviamo influenza la nostra percezione e le possibilità che abbiamo di abitare in modo soddisfacente le dimensioni che ho citato. Ci sono fattori che definiscono il livello di benessere di una comunità e che attengono alla vasta sfera degli indicatori culturali, politici, sociali ed economici. Potremmo parlarne per ore, ma credo che la sintesi migliore sia quella programmatica delle Nazioni Unite che, nel fissare gli obiettivi dell’Agenda 2030, evidenzia concetti vitali per il nostro futuro articolati nel modello delle 5P: Planet, Peace, People, Partnership, Prosperity. Pianeta, pace, umanità, relazioni, prosperità (quest’ultima intesa come il superamento del modello capitalista) e una forte attenzione a indicatori legati anche alla prosperità emotiva, relazionale e intellettuale.

La pandemia ha messo ancora più in evidenza l’insostenibilità di un sistema che alimenta disuguaglianze culturali, economiche e sociali, per questo in molti preferiscono parlare di sindemia, una prospettiva che rivendica la necessità di un approccio più ampio di gestione del tema COVID-19 e non solo una gestione dell’emergenza sanitaria.

Come coltivare il nostro benessere oggi, in pandemia?

L’emergenza sanitaria ci ha portato a vivere limitazioni di azione e movimento mai sperimentate prima nella storia recente, tuttavia ci sono molte cose che possiamo continuare o iniziare a fare e progettare ed è in quel perimetro di possibilità che generiamo momenti di soddisfazione e benessere.

Restare in connessione con gli altri, continuare a nutrire relazioni significative, ascoltare i nostri bisogni, trovare nuove abitudini, coltivare interessi, promuovere azioni di cittadinanza attiva e di supporto alla pari, sono solo alcuni esempi. Non esiste ovviamente una ricetta magica ed è indubbio che questa crisi abbia proiettato alcuni di noi in una quotidianità molto difficile e che forse l’attenzione e lo sguardo che ognuno di noi può offrire a chi vive situazioni particolarmente sfidanti, può contribuire ad un rinnovato spirito di comunità, che impatta sulla vita di ciascuno. Siamo tutti chiamati a contribuire alla necessaria costruzione di un nuovo modo di stare al mondo, attraverso piccole azioni concrete, e per tornare alla tua domanda, credo che anche questa consapevolezza possa contribuire a coltivare il nostro benessere in pandemia.

In che modo possiamo ridurre il conflitto tra libertà personale e rispetto dell’altro?

Introduci un tema molto denso, che richiederebbe una riflessione ampia. Credo che una parola chiave sia responsabilità: per se stessi, per gli altri, per l’ambiente. 

L’uomo è costantemente alle prese con piccole e grandi scelte che implicano la capacità di rapportarsi a se stesso e agli altri. Libertà e responsabilità sono due dimensioni che si equilibrano su poli della stessa linea: da una parte la libertà di ogni essere umano che definisce il fondamento della sua dignità, dall’altra una componente altrettanto importante che è rappresentata dalla capacità di agire avendo presente le conseguenze delle proprie azioni. La responsabilità ci auto-impone dei limiti che contribuiscono a orientare scelte e azioni per la convivenza con gli altri in modo costruttivo, piuttosto che in modo distruttivo.

Nel coltivare la nostra intelligenza sociale ed emotiva, apprendiamo nuove informazioni su noi stessi e sul nostro modo di comunicare e relazionarci agli altri; una delle possibili chiavi di accesso a questo dilemma della contrapposizione tra libertà e rispetto dell’altro risiede dunque in quella scritta che campeggiava nel tempio del Dio Apollo a Delfi e che Socrate aveva assunto a fondamento della sua ricerca filosofica, ovvero: “Conosci te stesso”. La conoscenza di sé è trasformativa e quanto più è profonda tanto più ci permette di abbandonare aspetti egoici in favore di equilibri e prospettive differenti anche su temi esistenziali come questo, dibattuti a livello individuale e collettivo sin dalla notte dei tempi.

In che modo come singoli e come comunità locali possiamo trovare le risorse di resilienza che permettono di superare la crisi e aiutando la società tutta rigenerarsi?

Come ho accennato prima, questa crisi ci permette di rimettere al centro, in modo radicale, il tema delle relazioni e della necessità di mobilitare le nostre risorse per promuovere paradigmi nuovi che ci aiutino ad affrontare le sfide della società complessa. Ognuno di noi possiede la capacità di evolvere al meglio delle proprie possibilità, anche in presenza di fattori ostacolanti e credo che tutte le agenzie educative e le reti formali e informali possano – ad es. attraverso progetti di comunità multidisciplinari rivolti a ogni fascia della popolazione –sostenere e coltivare le potenzialità di ognuno, partendo da ciò che è possibile nel concreto, proteggendo la creatività e la speranzosità, supportando le aspirazioni personali.
Resilienza è anche tenacia e desiderio, è continuare a seminare nei momenti di smarrimento e attendere i frutti insieme alle persone che con noi hanno uno sguardo attento  al futuro che stiamo costruendo.
Se guardiamo ai grandi tornanti della storia, osserviamo una costante: dalle crisi usciamo meglio e prima se diamo spazio alla nostra parte visionaria, altruistica e coraggiosa. 

Il counseling in che modo può aiutare?

Il counseling agevola gli individui e i gruppi nell’elaborare e realizzare azioni e cambiamenti in sintonia con i propri desideri, bisogni e aspirazioni. Rappresenta una risorsa per tutte quelle persone che desiderano conoscersi meglio, chiarirsi su obiettivi specifici, migliorare la relazione con gli altri e con l’ambiente, trovare nuove connessioni di senso per aumentare la qualità della vita, anche attraverso cambiamenti e progettualità concrete. Tornando a Socrate potremmo dire che la relazione tra counselor e cliente è una relazione maieutica, che aiuta le persone ad aiutarsi.

Il counseling si pone, inoltre, come intervento a valenza educativa e sociale, agevolando nelle persone la capacità di interagire con l’ambiente in modo propositivo, sperimentando la propria resilienza in una realtà in continuo mutamento.

Voglio concludere con due parole che sento centrali per affrontare questo momento storico: responsabilità e cambiamento, due aspetti interconnessi che ci aiutano a governare le diverse sfide in cui siamo immersi e che ci agevolano nel generare una nuova etica dell’incontro con gli altri.

 

Alessandra Caporale è Counselor professionista e Business Coach. Negli ultimi 20 anni la sua attività principale è stata quella di aiutare singoli, organizzazioni e comunità ad accedere al proprio potenziale sviluppando una maggiore consapevolezza delle proprie risorse interne ed esterne, avendo come punto cardine l’obiettivo di promuovere la centralità dell’essere umano e il valore della relazione come fondamento per una società più empatica ed inclusiva, in ogni contesto. Attualmente ricopre l’incarico di presidente nazionale di AssoCounseling e Vice Presidente ANS (Associazione Nazionale Sociologi) Emilia Romagna.