GENDER BENDER FESTIVAL 

17° EDIZIONE: RADICAL CHOC
BOLOGNA: Fino al 3 NOVEMBRE 2019

Torna a Bologna fino al 3 novembre 2019 Gender Bender, il festival internazionale prodotto dal Cassero LGBTI Center con la direzione artistica di Daniele Del Pozzo e Mauro Meneghelli.

Più di 120 appuntamenti in 12 giorni su 20 diverse location, realizzati grazie a una stretta collaborazione con più di 80 partner nazionali e internazionali. Questi sono gli ingredienti della 17° edizione, tra Danza, Cinema, Conversazioni e Reading, Workshop e Party.

Radical Choc è il titolo scelto per questa edizione; un’edizione che si avventura in aree geografiche calde come il Medio Oriente, l’America Latina e l’Africa, affronta temi caldi come i nuovi femminismi e la costruzione di comunità al di là delle possibili conflittualità, dà spazio alle voci delle nuove generazioni, offre uno spazio di visibilità orgogliosa alle persone con la sindrome di Down, espone in maniera critica temi scomodi e questioni scottanti come la pratica della mutilazione dei genitali femminili e l’aborto illegale nell’America di solo alcuni decenni fa.
Gender Bender è Radical Choc anche perché si assume la propria responsabilità ecologica. Il festival, che produce indubbiamente una decisa impronta ambientale, ha quindi deciso quest’anno di destinare parte dell’incasso a Foreste in Piedi di LifeGate, un progetto di tutela di 20mila mq di foresta amazzonica in Brasile: per ogni biglietto acquistato verranno così tutelati 10 metri quadri di foresta
Inoltre, per i suoi programmi cartacei, Gender Bender si impegna all’uso di carte certificate FSC, provenienti da foreste e filiere di approvvigionamento gestite in maniera responsabile.
Radical Choc per Gender Bender è anche l’occasione in cui far esplodere le contraddizioni per scardinare i luoghi comuni e creare un spazio di confronto artistico e culturale inclusivo, inaspettato, sorprendente.

La sezione DANZA conta 28 repliche di 11 spettacoli, di cui 4 in prima nazionale, con 10 compagnie provenienti da Israele, Iran, Francia, Argentina, Belgio, Spagna, Slovenia, Inghilterra e Italia.
La volontà di creare una nuova idea di comunità emerge dai lavori Common Emotions e Sterotypes Game della coreografa israeliana Yasmeen Godder. Common emotions trasforma il palcoscenico in un luogo inaspettato di nuove relazioni tra pubblico e performer, con l’obiettivo di costruire una comunità di intenti. Stereotypes Game è invece un lavoro rivolto agli adolescenti che riflette sugli immaginari e gli stereotipi di genere.
Le voci degli adolescenti emergono anche in Passing the Bechdel Test del coreografo belga Jan Martens: nel suo lavoro tredici giovani, che si identificano o meno come ragazze, parlano dei nuovi femminismi unendo la forza delle loro idee agli scritti di autrici, artiste e attiviste del passato e del presente.
L’Iran del coreografo trans Sorour Darabi è rievocato nel suo Savušun, un’ode alla vulnerabilità e alle emozioni in cui si ridefinisce il concetto di mascolinità.
Invitano ad assumere un punto di vista critico e personale anche Enrico Ticconi e Ginevra Panzetti, che in Harleking mettono in scena il rapporto ambiguo tra risata e potere.
Le dinamiche di una relazione tra due uomini sono raccontate ne L’età dell’horror di Riccardo Buscarini e in Un Poyo Rojo del coreografo argentino Hermes Gaido, che combina danza, acrobazie e attrazione nella cornice di uno spogliatoio, mentre P!nk Elephant di Siro Guglielmi riflette sui concetti di desiderio, trasformazione e sulle aspettative sociali nei confronti del corpo.
Il balletto L’après midi d’un faune di Nijinsky, con la sua invenzione coreografica rivoluzionaria che ha segnato la danza del Novecento, viene riletto in chiave radicale e contemporanea nei lavori Somiglianza di Mattia Russo e Antonio De Rosa e in Extended Symmetry di Giuseppe Vincent Giampino.

Gender Bender si conferma infine spazio di possibilità per i nuovi talenti ospitando lo spettacolo interattivo Keo di Elena Sgarbossa, vincitrice di DNAppunti coreografici 2018, il progetto di sostegno per giovani coreografi e coreografe italiani promosso e sostenuto in collaborazione tra Gender Bender, Centro Nazionale di produzione Firenze – Compagnia Virgilio Sieni, Operaestate Festival/CSC Centro per la scena contemporanea del Comune di Bassano del Grappa, L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, Fondazione Romaeuropa e Triennale Teatro dell’Arte di Milano.
Tra le performing art spicca la performance delle Drag Syndrome, ossia Horrora Shebang, Justin Bond, Lady Francesca; il primo collettivo al mondo di drag king e drag queen formato da persone con la sindrome di Down. Nell’ultimo anno, questa piccola troupe di drag performer inglesi è salita sul palco a Londra, Stoccolma, Oslo e Montreal; ospiti d’eccezione del festival, presentano una performance e incontrano il pubblico. Un’occasione per sfatare molti dei luoghi comuni con cui vengono giudicate le loro esibizioni, così come perfettamente riassunto da una di loro nell’intervista rilasciata alla BBC: “Sometimes they say rude things about people with Down’s syndrome doing drag” (A volte dicono cose maleducate sulle persone con la sindrome di Down che fanno spettacoli in drag).

La sezione CINEMA presenta storie e persone radicali, protagoniste di più di 23 titoli provenienti da Iran, Francia, USA, Argentina, Filippine, Spagna, Svezia, Venezuela, Danimarca, Germania, UK, Svizzera, Brasile, Sudafrica, Messico, Cile, selezionati dai principali festival internazionali, molti dei quali in prima nazionale.
Incontreremo le storie del fotografo statunitense Joel-Peter Witkin, che ha creato un mondo immaginifico focalizzandosi su corpi non convenzionali, raccontata in parallelo alla vita artistica del fratello pittore. Tehran: City of Love del regista Ali Jaberansari è una commedia fuori registro che racconta con spirito agrodolce le storie parallele di tre disincantati personaggi di mezza età, alla ricerca dell’amore in una città che non li accoglie; El Principe di Sebastián Muñoz, storia di amore e violenza, tradimento e lealtà tra due uomini all’interno di un carcere nel Cile del 1970, una prima nazionale dai toni e le atmosfere care a Jean Genet; il durissimo documentario In the name of your daughter di Giselle Portenier è il racconto commovente delle centinaia di ragazze impavide che ogni anno in Tanzania decidono di scappare di casa e trovare rifugio in una casa accoglienza, per salvarsi dalla pratica illegale della mutilazione genitale femminile. Sempre sul tema dell’autodeterminazione femminile, il documentario Female pleasure di Barbara Miller, che dà voce a cinque donne di Paesi diversi che raccontano, in modo coraggioso e irriverente, come siano riuscite ad affermare la loro sessualità lottando contro le culture patriarcali da cui provengono.
Prima nazionale per 45 Dias sem você (45 Days away from you) del regista brasiliano Rafael Gomes, il viaggio di formazione sentimentale ed emotiva di Rafael dopo la brusca separazione dal suo ragazzo, lungo 45 giorni e vissuto – tra filosofia, incoscienza e allegria – tra Inghilterra, Francia, Portogallo e Argentina in compagnia dei suoi amici.
Altra prima nazionale anche per Ask for Jane di Rachel Carey che segue le vicende di Rose, studentessa modello dell’Università di Chicago che mette a rischio la sua vita perfetta per aiutare un’amica ad interrompere una gravidanza; un dramma ispirato alla vera storia del Collettivo Jane, un gruppo di donne che nel 1969 ha aiutato migliaia di altre donne ad abortire in totale sicurezza, quando abortire era considerato un reato.
È radicale anche l’adolescenza di Ren e Luca, sorella e fratello entrambi transgender e protagonisti del documentario Little Miss Westie di Joy E. Reed e Dan Hun.
Il coraggio di una vita al di là dei generi è ripreso in Yo Imposible (Being Impossible) di Patricia Ortega, storia di una ragazza nata intersex.
Nella commedia degli equivoci Clément, Alex et tous les autres, il regista taiwanese Cheng-Chui Kuo mette in scena un’esilarante serie di incomprensioni tra persone dai diversi orientamenti sessuali, mentre nel film di fantascienza Aniara le registe Pella Kågerman e Hugo Lilja raccontano la relazione tra due donne in un futuro apocalittico.
Infine, ritornano il Premio del Pubblico e il Premio della Giovane Critica per miglior documentario e migliore fiction, quest’ultimo in collaborazione con Cinefilia Ritrovata e Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna.

La sezione INCONTRI porta il titolo di Radicali libere e ci conduce alla scoperta di quelle personalità artistiche delle quali questa edizione del festival riprende l’attitudine iconoclasta. Anteprima di questa sezione: lo scrittore cileno Pedro Lemebel, l’artista francese Claude Cahun, il pittore inglese Francis Bacon e la triade letteraria composta da Lord Byron, Oscar Wilde e Wystan H. Auden.
Attraverso una lettura scenica, l’attrice e performer Elisa Turco Liveri presenterà insieme a Silvia Mazzucchelli Le scommesse sono aperte (Edizioni WunderKammer), l’opera più politica, impegnata e libera di Claude Cahun, nella sua prima edizione italiana e prima traduzione mondiale.
In Di perle e cicatrici la performer e porno-attivista Slavina presta la propria voce e il proprio corpo ai testi di Pedro Lemebel, introdotti da Ariase Barretta: un “bestiario” di vittime, complici e carnefici nella società cilena post-dittatura visti con gli occhi di chi ha sempre vissuto ai margini e fuori dai generi (in collaborazione con Edicola Edizioni).
Lo scrittore Franco Buffoni presenterà il suo ultimo libro Due pub, tre poeti e un desiderio (Marcos y Marcos), un testo che sfida le classificazioni intrecciando le voci e le vite di Lord Byron, Oscar Wilde e Wystan H. Auden, unendo poesia, avventura e testimonianza civile; mentre la vita eccentrica e le opere di Francis Bacon rivivono nella graphic biography di Cristina Portolano (in collaborazione con Centauria edizioni).
Una radicale libera dei nostri giorni è la fumettista Fumettibrutti, che presenterà il suo nuovo graphic novel autobiografico P. La mia adolescenza trans, in cui racconta il suo percorso di crescita alle prese con la trasformazione del proprio corpo.

I WORKSHOP proposti ripercorrono il fil-rouge di un’edizione attenta alle dinamiche capaci di creare inclusione e potenziare uno spirito di comunità.
Per Roberta Racis la liberazione del corpo è Love Rituals: un workshop che si fa rituale e in cui si rinegoziano le dinamiche di potere all’interno di un gruppo.
Il genere è una danza folk da ballare in gruppo per la coreografa slovena Nataša Živković, che con il workshop Let The Birds Sing esplorerà le dinamiche di gruppo rapportandosi in maniera giocosa col concetto di leadership.
Per la coreografa inglese Hannah Buckley e il dramaturg spagnolo Sergio Martínez Vila le identità di genere sono come una catena montuosa: in Mountain si partirà dalla differenza e dalla varietà dei corpi di ogni partecipante per diventare elementi di un unico paesaggio.

I sostenitori
Gender Bender è prodotto dal Cassero LGBTI Center ed è realizzato con il contributo di Regione Emilia Romagna – Assessorato alla Cultura, Comune di Bologna, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Coop Alleanza 3.0, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Legacoop Bologna, Fondazione Unipolis, Granarolo, Nuovi Mecenati – Fondazione franco-italiana per la creazione contemporanea, Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi, L’immobiliare Bologna, Ambasciata del Belgio e Flanders State of Art.

I patrocini
Regione Emilia – Romagna, Comune di Bologna, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Ambasciata di Svezia.

Tutte le informazioni e il programma completo sono disponibili su www.genderbender.it