Intervista al direttore artistico di Spring Awakening

springawakening05Spring Awakening:
intervista a Pietro Contorno 

Spring Awakening è un’opera coraggiosa: è una scelta coraggiosa anche il portarla sui palchi italiani oppure pensi che il nostro pubblico sia effettivamente pronto?

Una scelta coraggiosa al limite del temerario e dell’incosciente. È vero. Ce lo dicono tutti. Specialmente in un anno cosi difficile per la società e la cultura italiana in genere. Ma come si dice: se non ora, quando? Il cambiamento deve essere cavalcato “prima”, deve essere anticipato, assecondato, stimolato. E questo noi vorremmo che accadesse. Vorremmo che il panorama teatrale dedicato all’entertainment scoprisse che esiste anche altro con cui “intrattenere” il pubblico. Il giudice resta sempre lui, inappellabile. Deciderà lui se veramente le scene sono troppo “forti” o i temi indigeribili. Noi vogliamo semplicemente ampliare il menù…

I temi, le caratteristiche, il rapporto con la musica: Spring Awakening è un lavoro che farà parlare di sé: secondo te quali sono i maggiori elementi di originalità dello spettacolo?

Dobbiamo distinguere. Se parliamo dell’effetto innovativo che ha avuto lo spettacolo negli USA, possiamo sottolineare gli aspetti preminentemente artistici: l’ambientazione minimalista, l’uso del doppio registro prosa/rock-show, l’impatto emozionale sul pubblico, etc.

Se parliamo dell’Italia invece le cose cambiano. Non stiamo portando ovviamente in scena un’opera d’avanguardia o particolarmente trasgressiva per il teatro di ricerca, ma per il mondo del musical e del teatro mainstream rischiamo di essere veramente uno shock. Giovani attori “fusi” in un progetto lungo due anni. Un team creativo dedicato all’opera in maniera intensiva. Temi di assoluto spessore umano, sociale e politico. Una comunicazione che prova a smarcarsi dai media tradizionali. Potrei continuare…

Un musical, un’opera rock, una pièce teatrale: che cos’è Spring?

Voglio parlare da spettatore perché in fondo, oltre al mio ruolo produttivo, é questo che sono. La sera della prima ho guardato lo spettacolo cercando di “sentire” ciò che dal palco mi arrivava, ed é stato devastante. Tecnicamente Spring é uno spettacolo teatrale con dei brani inseriti nella drammaturgia e l’ausilio di una grafica intelligente e non invasiva. In realtà é una girandola di emozioni forti, fortissime, che dura due ore e ti lascia scombussolato.

La giovinezza e il conflitto generazionale sono la chiave di lettura dell’opera: oggi la conflittualità tra genitori e figli, studenti e scuola, singolo e istituzione, sembra essersi affievolita. Secondo te Spring è un lavoro anacronistico oppure Sater ha avuto la capacità di intravedere nuovi dati sociali difficili da scorgere?

Come a seguito della caduta dei regimi ideologici di fine secolo scorso si é frettolosamente teorizzata la consunzione dei conflitti e delle contrapposizioni politiche e sociali, così spesso ci convinciamo che autoritarismo, tabù e assenza di corrette informazioni non abbiano più cittadinanza nella nostra società. Ce lo vedete oggi un insegnante punire “fisicamente” un alunno per comportamento irrispettoso, o degli adolescenti arrossire parlando di sesso? Certo che no. Ma a mio avviso il conflitto si é semplicemente spostato.

L’assoluta assenza di autorità e credibilità del modo della scuola oggigiorno ad esempio, é l’esatto opposto della scuola autoritaria del Ventennio da noi descritta. Ma come si suol dire, gli opposti alla fine coincidono, perché in realtà quello che occorre oggi, come ieri, é autorevolezza dell’istituzione scolastica e di chi la rappresenta. Cieca e acritica osservanza delle regole formali di ieri, indifferenza verso una forma autentica del sapere di oggi. Quanto é cambiato?

Riguardo al sesso. Spesso mi é stato detto: “I ragazzi ormai sanno tutto, anche troppo”. Poi scopriamo che il più alto tasso di gravidanze indesiderate in Italia di under 16 viene riscontrato in Lombardia, o che un ragazzino si toglie la vita a causa delle sue scelte affettive. Può bastare?

TodoModo Music-All ha una grande esperienza nel campo delle opere rock: Spring è sulla falsariga di quanto avete già prodotto o è una novità anche per voi?

Direi che senza i 15 anni di produzioni alle spalle che la compagnia può vantare, questo lavoro non avrebbe potuto aver vita. É un metodo complesso, faticoso, che vive dell’adesione direi anche etica di tanti professionisti. Parte dalla condivisione di un progetto che si fortifica ben prima che inizi la produzione esecutiva. Dedizione, cura del particolare, minuziosità. Quello che noi chiamiamo “lavorare per bene”. E in questo TodoModo può vantare su professionalità e umanità ormai cementate negli anni.

Quali sono le analogie e quali le differenze tra la versione americana dell’opera e la vostra?

Io sono partito da una sorta di venerazione dell’opera originale. Il mio dubbio maggiore é sempre stato: “Riusciremo mai ad essere così intensi, così credibili?”. Spring é fatto apparentemente di poche cose. Niente effetti speciali, niente costumi sgargianti, niente coreografie. Quindi non avevamo paracaduti. Io mi sono sforzato di far passare l’idea di un’ambientazione negli anni ‘30 dello scorso secolo in Italia. Dopodiché ogni volta che ciascun responsabile di settore portava i propri elaborati, tutti compartecipavano e interloquivano anche sugli altri aspetti. Ma soprattutto la regia. Devo dire che Emanuele Gamba ha veramente dato un’anima tutta nostrana all’opera. Persino la nostra orchestra é guidata da Stefano Brondi in maniera del tutto personale. Pur essendo cantata in inglese il nostro Spring Awakening é veramente un pezzo di teatro italiano.

Oltre ad essere un professionista affermato in campo teatrale, tu sei anche un musicista di grande esperienza: quali sono le peculiarità della componente musicale di Spring?

Non voglio togliere il mestiere al mio direttore musicale, Stefano Brondi, che é il vero guru in materia, ma di certo la commistione tra rock e arrangiamenti classici, le superlative armonizzazioni vocali e l’orecchiabilità radiofonica assolutamente virale di certi ritornelli. Inoltre i testi sono, a differenza ahimè di molti altri musical, di assoluto valore poetico, densi di richiami a simbologie classiche, dalla tradizione greca a Shakespeare, il tutto farcito di slang MTV-style, doppi sensi adolescenziali e qualche parola “forte”. Grandissima sinergia artistica e umana quella tra Steven Sater e Duncan Sheik. E nell’opera si sente tutta.

Che genere di pubblico immagini per Spring?

Banalmente e semplicisticamente, Spring é considerata un’opera giovanile. Quindi tutti si aspettano un pubblico prevalentemente fatto di adolescenti. Ma a mio avviso l’opera conquisterà esattamente il pubblico adulto. Almeno quello più curioso di vedere e di capire se stesso attraverso i giovani. Come ha ottimamente detto uno dei ragazzi del cast, Spring sembra essere un opera scritta dai ragazzi per gli adulti. Non voglio essere a mia volta ecumenico e scontato, ma credo che tutte le età abbiano da scoprire nell’opera qualcosa che le rappresenti, che le esorcizzi.

Il 29 ottobre al Teatro Pavarotti di Modena partirà il tour italiano di Spring, che toccherà le maggiori città e i principali teatri: che tipo di feedback avete trovato da parte delle strutture locali?

Spring ha una forza sua, magnetica, contagiosa. Si é imposto all’attenzione degli operatori culturali pur non potendo contare su un titolo da cassetta o starlette dell’ultima ora. Chi l’ha visto é rimasto flashato… (Mi passate il termine?). E il meglio credo debba ancora venire…

Il tour terminerà a maggio 2014 all’Auditorium Europa di Bologna: cosa succederà dopo?

Intanto faremo banalmente i conti. Ma certo é che se il pubblico ci avrà gradito Spring sarà on the road anche la prossima stagione. TodoModo intanto affila le armi su un altro paio di soggetti. Ma questo é ancora top secret….

www.springaweakening.it