THE FASHION WARRIORS a Lineapelle

imageIl padiglione 26, anche per l‟edizione di Ottobre 2013, ospiterà i Fashion Warriors, un esercito di guerrieri vestito con materiali selezionati fornitici dagli espositori e arricchito dai progetti degli studenti delle più importanti Scuole di moda italiane.

Accademia di Belle Arti di Bologna, Ars Sutoria, Cercal, Naba, Politecnico di Milano, Secoli Nextfashion School, Politecnico calzaturiero di Padova hanno già aderito all‟iniziativa fornendo prototipi realizzati dai loro studenti.
Una giuria di giornaliste voterà i progetti più interessanti nelle tre categorie di abbigliamento, calzatura e pelletteria, fra oltre 100 proposte

ESPOSIZIONE MOSTRA THE FASHION WARRIORS LINEA PELLE
8-9-10 OTTOBRE 2013
BOLOGNA

DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE E ARTI APPLICATE FASHION DESIGN TRIENNIO

DRESS MIX

Fashion Designer
Ena Celeketic, Indian Transgression: Un abito che si ispira al ruolo della donna in India, come motivo di ribellione alla disparità tra i sessi, un look decisamente sensuale nella sua semplicità.

Dino Diznovic, Serbia: Il riferimento alla Serbia non è nella ripresa dei costumi tradizionali e del folclore ma nel richiamo agli oggetti e ai decori nella loro bellezza formale, attraverso i ricami e restando fedele alla minuzia dei particolari, mixando il tutto in una visione contemporanea della moda mare.

Luca Formaglio, India: Moda uomo. Due capi ispirati agli abiti maschili tipici, rivisitati con un taglio e una linea contemporanea, e con giochi di tessuti, trasparenze e colori.

Ryan Ponseca, Filippine e Bologna: Il capo è un intervento di fusione su più livelli: l’abito tradizionale filippino eredita la struttura della giacca occidentale. L’impianto urbanistico di Bologna e i suo scorci hanno ispirato il ricamo e l’introduzione di nuovi elementi decorativi. Il terzo livello è la tecnica: la lavorazione dei materiali si affianca alle nuove tecnologie.

Nicole Maria Parman, Indiani D’America e California: L’abito vuole rappresentare una ricerca accurata su un mix tra due culture, geograficamente vicine ma storicamente lontane: native american e californian american.

Margherita Libouri, Giappone: L’incontro la cultura orientale e quella occidentale è alla base dell’ideazione del capo, realizzato attraverso la decontestualizzazione di tessuti, fantasie e colori del Giappone, ricomposti attraverso uno stile personale e originale.

Giulia Romano, Santeria Cubana (Regla de Ocha): Un viaggio rimasto nel cuore, un luogo in cui ha ritrovato frammenti della sua storia, che ha insegnato come le contraddizione possano coesistere, in paesaggi intrinsechi di storia e innaturale bellezza: Cuba. La santeria nasce intorno alle piantagioni di canna da zucchero e tabacco: la colonizzazione spagnola e la deportazione degli schiavi africani hanno creato un mix di religioni dalle quali è nata la Regla de Ocha. In particolare è stata d’ispirazione la figura di Yemaja, dea del mare e protettrice della donne madri.

Valentina Dentello, Arabia: Donne e rivoluzione, nello stesso tempo vittime e forze della natura. Impedimento nel muoversi, incapacità di agire, provocazione e tradizione. “Proteggete i vostri sguardi e siate caste” e “We can do it!”

Irene Mancini, India Tribale: La passione per le tribù, per il selvaggio e per l’inconsueto, mixati ad uno stile hi-tech contemporaneo, hanno ispirato un outfit tra orientalismo e contemporaneità.

Pia Valentina Miranda Suarez Ruiz, Cile: Ispirazione classica per l’abito da sera incrociato, elegante e originale nella decorazione dipinta a mano che rappresenta simboli cileni quali il Copihue, fiore nazionale del Cile, e il condor delle Ande.

Serena Cattoli, Africa e Asia: L’ispirazione è suggerita dalla cultura africana, in particolare dalla maschere tradizionali, con le loro espressioni geometriche e i colori scuri della terra. Linee semplici e pulite di un abito che cade morbido sulla figura. Il contrasto tra i colori e la durezza del segno viene innestato su una linea che richiama l’abbigliamento delle donne indiane.

Gabriele Adinaviciute, Lituania e Italia: La propria origine è ad oriente dell’Europa, in una terra ricca di campi, foreste, e di una tradizione forte, con una sua cultura etnografica specifica. Varietà di forme, ricche decorazioni ispirate dagli stili storico-artistici dell’architettura, come cappelle e croci, colori tenui, che ricordano la natura e il mare, elemento specifico della città di Palanga.

Giulia Gazzo, Sicilia e Indonesia: Un omaggio alla Sicilia, come terra di origine, e al suo fragoroso splendore barocco, con onde e foglie scolpite, riproposte attraverso leggere sfumature sulla seta, secondo l’antica tecnica di decorazione indonesiana, cultura dalla quale è stata reinterpretata la funzione della sash tipica. Motivo di forte ispirazione è stato inoltre il Buddha del tempio Borobudur di Jakarta.

Martina Sorghi, Indiani D’America: Il capo nasce dall’incontro di due culture lontane nel tempo, i nativi americani e il moderno popolo americano. Felpe e tacchi alti uniti a frange, totem e colori degli Indiani d’America. L’ispirazione nasce dai volti geometrici e semplici dei grandi totem delle tribù dei nativi e dalle fantasie tipiche dei teepee, le loro tende. Abito stile squaw urbano ma con un tocco sportivo…

Melissa Magnani, Russia: Qohèlet nasce da ricordi di antiche tradizioni, paesaggi invernali, gelide mattine russe, spose volanti dei quadri di Marc Chagall. Qohèlet è l’anima che ha ispirato la creazione di questo abito, bianco e candido, che vive nella trasparenze dell’organza, nelle perle inserite in fili di ferro, segno dell’artigianalità di un popolo lontano.

Alice Villari, Egitto: L’abito è ispirato all’antico Egitto, attraverso un’attualizzazione di un cultura antica e misteriosa. La figura di Nefertari è evocata utilizzando un materiale sensuale, quale sateen grigio, per esprimere regalità, bellezza, carica politica. Anche i colori ricordano i paesaggi Egiziani: il cielo, il deserto, il sole.

Elena Grandi, Antica Grecia: Ispirazione classica per un abito ispirato alla Grecia antica, stoffe leggere, sete e veli, morbidi panneggi. La struttura è semplice, tutta giocata su ombre e trasparenze, ma impreziosita da dettagli sulle tonalità del blu.

Chiara Capaccioli, Ande: Dalle Ande a… Fontana. Uno dei tratti caratteristici delle Ande è la tradizione per i tessuti con decori geometrici. I colori dei tessuti sono molto intensi, ma senza esagerare, nei tagli si intuisce il richiamo formale ad un artista minimale: Lucio Fontana.

Silvia Panichi Novaselich, Gipsy: L’abito richiama la strada, la figura del viandante nell’ispirazione suggerita dal nomadismo dei gitani, mixata con la creazione di stampe che suggeriscono un mood “urban-street”. Struttura a tunica, con chiusura a kimono e cappuccio: tessuto tinto con vino e china, decorato pattern di cuori trafitti e tirapugni.

Aliona Mindru, Moldavia: La Moldavia è il suo paese di origine, caratterizzato da verdi colline, placidi laghi e campi di girasole, con un fascino antico difficile da trovare altrove, povero ma ricco nell’umanità, con un forte senso dell’ospitalità, molto legato alle sue tradizioni, in particolare all’artigianato.

Giulia Pastorelli, India: Shanti Dress vuole evocare le antiche tradizioni che si incontrano con la volontà della donna a protendersi verso l’innovazione, verso l’Occidente, in uno scenario Bollywoodiano di panneggi, geometrie, purezza e contaminazione.

Gisele Claudia Ntsama, Classic Dress: Abito classico corto senza spalline; la sua particolarità sta nei “frilly”sui lati. L’Africa ha ispirato i motivi decorativi, che rappresentano volti stilizzati africani e nei colori che richiamano la terra degli antenati, la foresta, il sangue e la schiavitù.

Caterina Lotti, Indigeni Huli, Papa Nuova Guinea: Ogni componente ricerca l’essenziale tramite la scelta del bianco. Gli indigeni del popolo Huli sono uno degli ultimi popoli a conservare un totale rapporto con la natura, per questo la scelta di utilizzare materiali naturali.

Martina Bagli, Etnia Masai e Scozia: Rosso è il colore che accomuna l’abbigliamento dei guerrieri masai e il tipico gonnellino scozzese. Una miscela originale tra due culture differenti e lontane, attraverso un accostamento forse improbabile ma ricco di atmosfera storica.

Dimitri Addio, Toscana e Giappone: Linee sinuose, movimento elegante, natura, terra e purezza sono le caratteristiche che ricordano la propria terra e nello stesso evocano il Giappone.

Jessica Picasso, Turchia: Istanbul è stato d’ ispirazione per l’abito proposto, città che ultimamente è stata al centro dell’attenzione mondiale per le rivolte culturali e sociali. Una reinterpretazione della cultura turca, in particolare attraverso una suggestione specifica offerta dalla Basilica di Santa Sofia.

Maggie Chieregato, Turchia e Inghilterra Anni Venti: Un mix particolare tra il popolo turco e la società urbana dell’Inghilterra degli Anni Venti, attraverso volumi che avvolgono la figura e le sue forme, un ricamo che funge da linea guida, un gioco di trasparenze e lunghezze, tra veli e raso. Tutto è movimento.

Sara Pellacani, Artide: L’abito vuole evocare l’Artide, partendo dai colori dei tessuti, bianco ghiaccio e grigio, passando per la silhouette, lineare e pulita,”sporcata” solo dalle cuciture, asimmetriche e dal taglio vivo, che seguono il naturale movimento della leggerezza della stoffa sul corpo. La progettazione dell’abito richiama la morfologia irregolare del territorio glaciale che domina l’intero paese. Un gioco di forme e colori dall’aspetto androgino, che porta con sé l’immagine di terre lontane.

Zhang Nan, Cina Contemporanea: abito lungo da sera, in cotone bianco, “sporcato” da pennellate di colore grigio che creano effetti di colore acquerellato tra moda e arte.

Edessa Kehrlein, Cina e Beduini: Un completo ispirato ai Beduini mixato con la cultura cinese Miao, composto da un pezzo in tinta lavanda, seta, e fil di ferro. Un insieme omogeneo delle due culture reso attraverso la semplicità del vestito e la sottile geometria di una maschera.

Martina Sara D’Alessio, Cultura indigena e Cultura Minimalista: L’abito mescola linee eleganti e semplici, dai toni neutri, con adorni festosi dai colori scuri. Si compone di due strati che ricoprono interamente la figura, slanciandola quasi a conferirle la sembianza di un idolo antico.

Shao Yuwen, Cina e Italia: La lanterna. Un mix tra due culture che si incontrano partendo dalla forma della lanterna e dal suo colore rosso, simbolo di felicità e vitalità, avvicinato al bianco come simbolo di purezza.

Riccardo Palmerani, Atena (Grecia): Atena Furbizia e astuzia, sapienza e saggezza. Venere della disperazione.<< Alcuni per il peccato s’innalzano, alcuni cadono per la virtù>>

Ma Jiahua, China Style: Mini dress in cotone, decorato a stencil con motivi tipici delle porcellane classiche cinesi.

Elisa Argentieri, Henne’ Marocco: Beachwear ispirato ai costumi del Marocco e alla precisione dei tatuaggi henne’. Il velo decorato abbraccia e completa le origini di questo Paese, richiamandosi alle sue antiche tradizioni.

Giulia Conforto, Amazzonia: Moda Kid. Un progetto di ricerca che parte dall’Amazzonia, ma con una visione non scontata e convenzionale. Partendo infatti dai colori vivaci di quella terra si arriva ad un’assenza espressa nel bianco e nelle forme articolate, scarnificate, ridotte quasi ad uno scheletro.

Dejakam Behanam, Terme: La Persia, evocata nella scelta della stoffa damascata e negli inserti in metallo dorato, con suggestioni anni Sessanta, mixate alle forme occidentali. La stampa su tessuto infatti è un’arte iraniana praticata fin da tempi antichissimi, in un paese ricco di suggestioni e di importanti tradizioni tessili.