I 10 segreti di Bologna

OLYMPUS DIGITAL CAMERAUn tour alla scoperta di una Insolita Bologna a cura del presidente dell’Associazione Vitruvio, Gabriele Bernardi

Chi meglio di Gabriele Bernardi, presidente dell’Associazione Vitruvio, poteva guidarci alla scoperta di curiosità o segreti della Bologna antica e moderna. Li abbiamo raccolti in un unico tour che potete condurre da soli, in famiglia o iscrivendovi ai percorsi dell’associazione Vitruvio che da anni accompagna migliaia di persone, tra cittadini e turisti, lungo itinerari insoliti animati da divertenti spettacoli. Bdb

Insolita Bologna di Gabriele Bernardi

1 – L’ectoplasma della principessa Aposa

Palazzo Bocchi, via Goito 16, un edificio maestoso progettato da Jacopo Barozzi (il Vignola) lo stesso che realizzò la facciata del Palazzo dei Banchi in Piazza Maggiore e diede vita al sistema di Sostegni (le chiuse) lungo il Canale Navile. Gli interni furono terminati da Ottaviano Mascherino, che non è il nome di una delle maschere della Commedia dell’Arte, ma è l’architetto che ha progettato il Quirinale. Sono sufficienti come credenziali? Siamo a due passi dal Ghetto ebraico e dal corso sotterraneo del torrente Aposa, nel basamento in arenaria sono scolpite due frasi, una il latino ed una in ebraico. L’insieme è abbastanza inquietante.
Durante uno spettacolo itinerante di Vitruvio ci passiamo davanti per imboccare via Carbonara, una stradina che si trova di fronte a Palazzo Bocchi.
Sopra la porta d’ingresso del civico 5, dopo il tramonto, c’è una piccola finestra che mostra ai passanti un fenomeno inspiegabile che diventa ancora più suggestivo se cedete all’incombenza della facciata di Palazzo Bocchi che fa da sfondo. E’ una sorta di nube densa che cambia lentamente forma e colore, sembra di essere dentro una scena di Ghostbusters.
Il Prof. Leporello e il suo assistente Faldoni sostengono che potrebbe essere l’ectoplasma della principessa di origini celtiche Aposa, che annegò nel torrente che poi prese il suo nome. Avvicinatevi con cautela e pronti “ad incrociare i flussi” dei vostri zaini-trappola per fantasmi!

2 – Il salto delle Moline

saltomoline_operaPerché si chiama via delle Moline?
Ovvio, perché c’erano i mulini, sai quelli con gli spagnoli che fanno i biscotti e parlano con le galline?
Ma per muovere i mulini ci vuole l’acqua, e qui non c’è.
C’è, ma non si vede. Ora non si vede, per secoli Bologna è stata evidentemente una città d’acqua e tuttora ha più ponti di Venezia, solo che sono finiti sotto le strade ed i parcheggi, sacrificati al furore rombante dello pseudo benessere a quattro ruote.
Non ci credi? Vieni con me al bar “Opera caffè e tulipani” in via Alessandrini 7 e siedi nei tavoli sul balconcino. Ti aspetta la Bologna delle acque, con vista sul primo salto del Canale delle Moline che venne scavato nel ‘300 per volontà del Cardinale Albornoz. Vedi che alla fine lo spagnolo dei mulini è saltato fuori?

3 – La città della pietra di luna

Siamo al tramonto dell’Impero romano e ci stiamo avvicinando nella notte alla Bononia romana con intenti bellicosi, già si intravedono le rovine di quelli che una volta erano palazzi prestigiosi. Poi di colpo la luna piena illumina mura imponenti che riflettono bagliori grigiastri. Siamo arrivati, siamo alla città della pietra di luna.
Erano le mura in selenite costruite per proteggere il cuore di Bononia di dimensioni ridottissime. Pensate che il limite a nord era via Manzoni, a qualche decina di metri da via Ugo Bassi, la via Emilia, l’asse della città.
Ancora oggi si possono vedere questi grandi blocchi di gesso, ricchi di cristalli che riflettono la luce della luna.
Andate nel cortile privato di Palazzo Conoscenti, in via Manzoni angolo via di Porta di Castello e potrete vederne una parte, inglobata nell’antico edificio.

4 – I cadaveri del Battiferro

Il Sostegno del Battiferro si trova lungo il Canale Navile, di fianco al bellissimo Museo del Patrimonio industriale in via della Beverara 123. Da tre anni con l’associazione Vitruvio realizziamo la rassegna estiva “Battiferro finchè caldo”. Per me è un luogo magico, un mix di natura, storia… e mistero. Probabilmente anche Loriano Macchiavelli, il grande giallista bolognese, ha subito la stessa suggestione, perché è proprio contro i portoni della chiusa del Battiferro che viene ritrovato il cadavere di Zodiaco Mainardi. Pane per i denti dell’Ispettore Sarti, che nel romanzo “I sotterranei di Bologna” arriverà a scoprire i responsabili, in una città ricca di storia e di canali.
Estate 2013. Mi chiama mia figlia che sta allestendo il Battiferro per una serata di spettacolo.
Ciao babbo, c’è un teschio nel Navile.
Ma dai, sarà un pallone bucato.
No no, è proprio un teschio, si vedono le orbite… forse ci sono anche altre ossa lì vicino.
Chiamo la polizia, che chiama la scientifica, che chiama i Vigili del Fuoco, arrivano anche i giornalisti. Quando arrivo anch’io, faccio appena in tempo a vedere la rimozione ed i rilievi dei reperti.
Chiedo se hanno idea dell’epoca di provenienza. “potrebbe essere di epoca romana, però ha un foro che potrebbe significare seconda guerra mondiale, oppure di qualche mese fa”.
Vabbè, grazie, questa sera al Battiferro musica brasiliana. Da perderci la testa!

5 – La ghiacciaia bollente
Con lo spettacolo “La pancia di Bologna” raccontiamo la storia della Montagnola, il primo giardino pubblico nato da una montagna di “rusco”. Dove terminare un racconto così intimamente legato alla storia della città, un luogo emblema della conflittualità fra il libero Comune e il potere temporale del Papa? Con la zdàura Onorina siamo finiti nella ghiacciaia della rocca papale di Porta Galliera, che ora si trova nei sotterranei dell’Hotel I Portici. Fatto. Il percorso lo chiudiamo qui, fra lo stupore del pubblico.
Ora è diventata una saletta ristorante molto, molto, molto riservata, pavimento in vetro che consente di vedere una parte della preziosa cantina sottostante, luci soffuse, tovagliato e arredo raffinato.
Da qui il paradosso caldo – freddo. Palazzo Maccaferri è stato il primo edificio ad avere un impianto di riscaldamento di concezione moderna. E’ costruito su una ghiacciaia del 1300 che ora possiamo vedere in versione galeotta, sobillatrice di passioni hot.
Insomma, il luogo perfetto per l’intorto del secolo.

6 – Il campanile cannellone
campanileokBologna ha un altro primato, quello del campanile dentro un campanile.
La Cattedrale di San Pietro ha origini paleoecristiane e il suo primo campanile fu realizzato nel X secolo. Poi la città è diventata sempre più importante fino ad essere un avamposto papale e di conseguenza anche la cattedrale è stata più volte ampliata. E più diventava alta e più c’era l’esigenza di alzare il campanile, che però doveva anche sopportare l’enorme peso dinamico delle campane in movimento. Ecco allora l’idea geniale. Il vecchio campanile esiste ancora all’interno di quello attuale, realizzando così una sorta di struttura tubolare molto elastica e resistente. Quando con la zdàura Onorina sono salito fino alla cella campanaria per lo spettacolo “Campane e carampane” sono rimasto affascinato dal coordinamento e dalla tecnica dei ragazzi dell’Unione campanari bolognesi. Pensate che per suonare tutte e cinque le campane servono 25 persone, più di due squadre di calcio. Il gruppo deve funzionare alla perfezione, perché scontrarsi con un “avversario dalla faccia di bronzo” che pesa 33 quintali può essere spiacevole…

7 – Cafè Zang Tumb Tumb

Amo e disprezzo il Futurismo. Lo amo per l’energia, l’entusiasmo, la passione. Lo disprezzo perché è guerrafondaio, misogino, intollerante. Dopotutto ho un rapporto Futurista con il “Futurismo”, non ci sono mezze misure. Anche su questo tema Bologna ha un primato, scippato da Parigi.
Il Manifesto Futurista di Marinetti venne pubblicato per la prima volta il 5 febbraio 1909 dal quotidiano bolognese “La gazzetta dell’Emilia”, accolto con freddezza e ironia in tutta la penisola. Poi quindici giorni dopo venne pubblicato nella prima pagina de “Le Figarò” a Parigi, conquistando la ribalta internazionale. Nello stesso anno Marconi vinceva il Nobel per la Fisica, dopo che in Italia era stato trattato con distacco dal mondo accademico. Siamo davvero sempre stati un paese di persone chiuse e bigotte, incapaci di emozionarsi ed entusiasmarsi davanti alla bellezza e genialità che ci circonda. Per ricordare questo primato, entrate al Cafè Marinetti dell’Hotel Majestic già Baglioni, in via Indipendenza 8, che accolse le prime iniziative futuriste. Non siete clienti? Non importa, è aperto a tutti. Esperienza da non perdere, magari leggendo l’opera letteraria Zang tumb tumb di quel visionario di Marinetti.

8 – Gaudì al ragù

Il Parco lungo il Canale Navile, da Villa Angeletti al Sostegno di Corticella, passando dal Battiferro e dal Ponte della Bionda è un percorso nel verde da non perdere. A breve saranno terminati anche i lavori per la realizzazione di una ciclopedonale che, seguendo le vie d’acqua, unirà la Chiusa di Casalecchio al Navile, fino a Castel Maggiore. Se vi volete concedere una pausa, sedetevi su manufatti di arredo urbano che sono vere e proprie opere d’arte e di design. Le trovate al parco di Villa Angeletti e al Giardino Marinai d’Italia e sono il frutto del genio, della perseveranza e del sudore di Terra verde, un’associazione che le ha progettate e realizzate insegnando un mestiere a ragazzi con storie complesse, che spesso trovano poi impiego nelle imprese edili locali. Producono artigianalmente la ceramica con cui rivestono tavoli e sedute, con una tecnica di mosaico raffinata ed armoniosa. Ricordo ancora lo stordimento piacevole la prima volta che ho visto la Barcellona di Gaudì, architetto di fine ‘800 che sicuramente ha ispirato questi lavori, un’evoluzione alla bolognese che merita sostegno. Come? Ad esempio passando dallo stand di Terra Verde, sotto le due torri, fino al 23 dicembre, per regalare un po’ di Gaudì al ragù.

9 – Un bel Guasto

Negli anni ’80 studiavo Architettura e mi guadagnavo la pagnotta nei cantieri edili come geometra libero professionista e come disegnatore nello studio dell’Arch. Rino Filippini.
E’ stato un professionista illuminato e un uomo speciale. Nel 1970 progettò in Giardini del Guasto che vennero inaugurati nel 1975. Siamo dietro al Teatro Comunale, nell’area dove per secoli erano rimasti i detriti derivanti dalla demolizione avvenuta nel ‘500 della “Domus aurea” dei Bentivoglio. Il progetto era molto innovativo, Filippini applicava l’architettura alla psicologia e fino all’ultimo il progetto variò in funzione delle sue osservazioni sui bambini del posto che lentamente si impossessavano del cantiere. Poi nel 1977 venne ucciso Lo Russo e il movimento studentesco occupò il Giardino, decretandone la sua morte. Una vita breve, Filippini venne messo alla gogna dai quotidiani locali e celebrato nei contesti internazionali per la sua sensibilità e innovazione, con delegazioni che venivano dal nord Europa per visitare la sua opera. Nello spettacolo itinerante “Che fine ha fatto l’orecchino di perla” portiamo il pubblico a visitare il giardino, gestito con impegno e dedizione dall’associazione Giardino del Guasto. Per molti è una piacevole scoperta, perché come affermava l’Arch. Filippini “La fantasia e una dose di utopia sono alla base di ogni tipo di rivoluzione, anche culturale. In questo senso ci mancano molto i rivoluzionari.”

10 – L’occhio magico

dettaglio_occhioSuonano alla porta, la prima cosa da fare è capire chi c’è, poi decidere. Apro, non apro, metto il limitatore d’apertura della porta perché c’è una ghigna che non mi piace, ecc… Tutte le azioni successive derivano da quella rapida occhiata attraverso “l’occhio magico”, la lente grandangolo che consente di vedere attraverso la porta.
Come risolvere il problema in una città con i portici? Raramente c’erano finestre sotto il portico e le abitazioni nobiliari non erano mai al piano terra, tanto che per aprire la porta si “dava il tiro” cioè dall’alto si tirava la corda che sollevava la leva che consentiva l’apertura del portone. Nasce l’occhio magico, nella Bologna medievale.
Se girate in centro con il naso all’insù vi capiterà di vedere edifici storici con un foro sul soffitto del portico, esattamente in asse con la porta d’ingresso dell’edificio. In questo modo dal piano superiore spostavano il coperchio sul pavimento e guardavano chi stava suonando. Potete trovare questi fori nel soffitto in legno del portico a fianco del ristorante Il Pappagallo in piazza della Mercanzia, oppure nella volta in muratura in via Dell’Inferno 3.
Poi hanno inventato i videocitofoni e il tormentone “Posta in bucaaa!!!”